Fonte: www.claudiomoffa.it
La visita in Israele inizai con furbizie verbali-diplomatiche e termina con un disastro: l’allineamento del Presidente del Consiglio all’assedio a Ahmedinejad, mentre le borse crollano e si riaccendono le voci di una guerra di Israele contro l’Iran
Frattini coglie al volo l’occasione, si libera del bavaglio e spinge in prima persona verso maggiori sanzioni. L’ENI forse si allinea. Dure reazioni palestinesi e soprattutto di Teheran alle parole infauste di Berlusconi, mentre il Forum Palestina, da sempre schierato contro Hamas e silenzioso sui diritti di Teheran al nucleare, adesso fa il duro e scopre – i miracoli dell’antiberlusconismo per principio! – che Hamas va difeso e che Ahmedinejad ha ragione.
Annunciata per gennaio fin dall’autunno scorso, slittata di qualche giorno o settimana probabilmente a seguito dell’aggressione di Piazza del Duomo, la visita di Berlusconi in Israele sembrava iniziata bene, con una serie di esternazioni del Presidente del Consiglio che erano state probabilmente calcolate parola su parola. Appena arrivato Berlusconi aveva dichiarato che Israele deve bloccare gli insediamenti di nuove colonie nei territori palestinesi, e deve restituire il Golan alla Siria: affermazioni non da poco di fronte all’ospite che notoriamente ha sempre eluso, dagli Settanta ad oggi, le pressioni di qualsiasi leader occidentale su questi due cardini della sua politica espansionista. Berlusconi aveva poi detto di voler appoggiare Israele sempre, ma su ciò che “è giusto”, frase generalgenerica che non garantiva praticamente nulla al governo di Tel Aviv. E sullo stesso omaggio rituale alla Shoa aveva testualmente affermato: “No, non è vero! Non può essere vero! Mai più mai più!”, con toni certo di orrore ma che letti nella freddezza cartacea possono significare persino l’opposto di quanto recitato. Infine, le cronache giornalistiche narravano che Berlusconi “avrebbe detto” in “colloqui verbali” che Ahmedinejad è come Hitler; ma le stesse cronache nello stesso giorno riportavano una altra frase sicuramente detta, “coram populi”, dal Presidente del Consiglio e cioè che i giornali dicono un sacco di bugie.
Trasformatosi all’occorrenza da leone in anguilla, il premier aveva così forse creduto di riuscire a svicolare dall’affettuoso abbraccio della leadership di Tel Aviv , ma alla fine è caduto nella rete: il discorso alla Knesset, come ha correttamente denunciato il governo iraniano, e l’orribile giudizio sulla guerra di Gaza come “giusta reazione” a … (a che? a qualche missiletto di Hamas?) sono stati due errori madornali del leader italiano che rischiano di mettere in crisi il suo ruolo acclarato (tranne che per i ciechi) di statista e diplomatico di pace. Certo, Berlusconi non ha parlato di “industria nucleare”, ma di armamento atomico iraniano; nei giorni precedenti non aveva risposto alla richiesta di nuove sanzioni a Teheran, svicolando sul “sogno” di Israele nell’UE, sogno prontamente infranto dagli stessi ebrei e israeliani come prevedibile e forse previsto da Berlusconi stesso[1]; infine, a pendant dei “servigi” a Israele, il presidente del Consiglio aveva corretto il tiro sulla Palestina con un mezzo paragone fra i 1300 morti di Gaza con la Shoa tanto da suscitare qualche reazione fra gli ospiti israeliani. Ma tutto questo non elimina il danno del cedimento berlusconiano in e a Israele, per gli effetti indotti delle sue parole: l’ENI riduce il suo intervento in Iran, si sostiene che potrebbe essere in vista di un imminente attacco israeliano a Teheran, le borse sono in crisi, il partito della guerra rialza la testa in Italia e forse in Occidente. Ci vorrebbe un forte gesto, un atto cioè, riparatore. Speriamo che arrivi.
E una illusione quanto appena scritto? Potrebbe darsi, ma è bene anche dire chiaro e tondo come stanno le cose per quel che riguarda la visita di Berlusconi in Israele:
1) primo punto, le reazioni emotive di chi grida al Berlusconi servo di Israele non reggono alla prova dei fatti: un servigio non significa stato di servitù. Questo stato è piuttosto proprio di tutto quel che è legato organicamente al carro di Repubblica e dell’Italia di Valori. Diciamo sinteticamente: l’oltranzismo israeliano ha circondato e circonda l’imprenditore-premier storico e strutturale antagonista di De Benedetti con le sue armate politico mediatiche da anni e anzi (due) decenni; Berlusconi ha una fronda interna non indifferente che fa capo a Fini e forse La Russa, è assediato dal neoqualunquismo di piazza di Di Pietro, è sotto pressione mediatico-giudiziaria costante, aspetta il lodo Alfano come la liberazione fondamentale della sua attività di premier, un provvedimento che i padri della Costituzione – fatta salva, certo, l’anomalia del premier-imprenditore che però a sua volta è il frutto indiretto e imprevisto del tengentopolismo “progressista” targato Repubblica-Di Pietro – avrebbero sicuramente approvato.
E’ in questo contesto che va inserito il cedimento di Berlusconi in Israele, contestualizzazione necessaria di cui è emblema l’assurda battuta sul Muro “non visto” dal premier: “gli USA e Israele ringraziano, In arrivo le riforme sulla giustizia” sottotitola oggi Il Giornale. E tutto qui il succo del discorso alla Knesset dal punto di vista della politica interna. Da quello internazionale, l’analisi non cambia: le infauste parole del Presidente del Consiglio a Tel Aviv e Gerusalemme, non possono obnubilare e cancellare in un giorno i rapporti strategici con la Russia di Putin (a sua volta incalzato dalla fronda interna di Medvedev e odiato come pochi statisti al mondo dall’intellighentzia ebraica internazinale) né l’accordo con la Libia, né le pur piccole e incerte mosse nei confronti dei paradisi fiscali e della Svizzera, né le capacità decisionali del governo nelle crisi di Napoli e dell’Abruzzo, tutti passi che Berlusconi ha compiuto assediato sempre e comunque da campagne menzognere e diffamatorie, a cominciare da quelle degli ultrafiloisraeliani Travaglio e Furio Colombo e dei loro “compagni di strada” Santoro e Vauro.
2) L’alternativa non è certo Di Pietro e l’Italia di Valori: non solo perché Di Pietro non a caso tace in queste ore, né mai si è schierato veramente contro Israele, ma anche perché quella che sembrava essere la sua variante terzaforzista, l’ex pm De Magistris, ha piegato la testa di fronte al suo capo, dimenticando della sua inchiesta Giancarlo Elia Valori e buttandosi a capofitto nella campagna ossessiva contro il solo Berlusconi, forse illudendosi con un “intanto lui-poi penseremo all’altro”.
Ma su queste cose regna una grande confusione per un difetto di dis-informazione pregressa notevole soprattutto nel mondo di internet: come ho già detto altre volte, non si metterà mai a fuoco la dialettica vera dello scontro politico in Italia e nel mondo se si continuano a vedere “filoamericani” lì dove ci sono piuttosto e in primis, filoisraeliani, errore che purtroppo fa spesso anche il bravissimo La Grassa. Né convince il giudizio sprezzante sul “salame” Berlusconi di Blondet, feroce critico dell’accordo con la Libia del 2008 esattamente come alcune frange chiassose de L’Onda in agitazione a Roma durante la visita di Gheddafi in Italia dello scorso anno. Possibile che Blondet, che pure parla spesso e a ragione di complotti, non veda proprio nulla di quelli contro Berlusconi, e in particolare non abbia colto l’intreccio fra i problemi giudiziari del premier e la sua visita in Israele, che ha spiazzato Fini in visita negli USA ed è stata accompagnata da il Giornale da una contestuale e probabilmente voluta campagna di disvelamento su Di Pietro come “agente” di Luttwak e connessa Cia ai tempi di Tangentopoli?
Neppure, per continuare nella carrellata internet, convince la battuta depistante di Miguel Martinez – che pure di logge e sette massoniche se ne deve intendere, visto che in gioventù ha fatto parte di una con sede in Israele – su un Giancarlo Elia Valori che sarebbe stato cacciato dalla P2 perché diventato semplicemente troppo pericoloso per Gelli: fu solo una questione di potere personale, o non piuttosto di opposte strategie massoniche, visto che la P2 fu sciolta nei primi anni Ottanta per iniziativa del filoisraeliano primo ministro Spadolini?
Infine e soprattutto, non convince la conversione improvvisa del Forum Palestina – riuscito a entrare a Gaza, contrariamente ad altri spezzoni della marcia internazionale del mese scorso, per la sua posizione loffia a favore del “popolo” palestinese: un popolo decapitato della sua legittima testa, Hamas – appunto alla difesa di Hamas e persino del sacrosanto diritto di Teheran allo sviluppo di una propria industria nucleare. Aprite il sito della contigua Radio Città aperta: forse trovate ancora qualche intervista di Mila Pernice a chi sosteneva, appunto, la piena legittimità secondo diritto internazionale e secondo Statuto dell’AIEA, della costruzione di impianti nucleari da parte dell’Iran. Cercate poi interventi e commenti più aggiornati e troverete ambiguità a metà strada (al massimo) fra Ahmedinejad e Moussawi , sulla stessa linea d’onda del gruppo rifondarolo de l’Ernesto. Posizioni che gettano confusione e promuovono un incosciente terzaforzismo fra aggressore e aggredito, cosicchè al momento necessario, rischia di essere impotente la mobilitazione in difesa della pace.
3) Tutto quanto detto non elimina il dato di fatto del cedimento di Berlusconi a Tel Aviv, né soprattutto i pericoli indotti dalle sue parole proprio perché protagonista vero – a smentita delle denigrazioni dei suoi nemici – della scena diplomatico-internazionale degli ultimi anni: il rischio è un via libera all’attacco israeliano contro l’Iran, che lo stesso Stato ebraico presenta come contropartita “necessaria” alle trattative con i palestinesi. Illusione, l‘ingordigia dell’oltranzismo israeliano è senza fine: così vennero sconfitti anche Andreotti e Craxi quando decisero di partecipare all’aggressione all’Iraq del 1991. Anche per questo (ma non solo, i diritti dei palestinesi non possono essere usati per ledere preventivamente i diritti degli iraniani) bisogna fermare la macchina della possibile guerra prima che sia troppo tardi. Nessuno peraltro può non capire che un attacco all’Iran incendierebbe il mondo intero, probabilmente molto più che quello scatenato dai neocons ebrei e da Bush nel 2003 contro Saddam Hussein. Speriamo che le parole di Berlusconi in Israele non incentivino una deriva così pericolosa, prima in Italia e poi in altri paesi occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti del debole e anche lui assediato Obama, prossimo ospite del Dalai lama. Ci vorrebbe una inversione di tendenza fondata sulla ragione e sulle ragioni del diritto internazionale. Speriamo che arrivi, anche se resta il dubbio dell’impotenza o non volontà da assedio di Berlusconi.
[1] Vedi le dichiarazioni di Steinberg a un giornale italiano