Fonte: “Afrique-Asie”, gennaio 2010
La fra-massoneria sta tornando in Iraq. Presente nel paese dalla fine del XIX secolo, in seno alle organizzazioni segrete che tramavano il rovesciamento del sultano ottomano Abdul Hamid II, essa si è saldamente impiantata in Mesopotamia durante l’occupazione del paese da parte dei Britannici.
Proibita dopo la rivoluzione repubblicana del 14 luglio 1958 per collaborazionismo con il nemico, accusata di spionaggio, è riapparsa più o meno apertamente dopo l’aprile 2003 per iniziativa delle logge militari statunitensi, inglesi e italiane, o per mano degli oppositori raggruppati dalla CIA nel Congresso Nazionale Iracheno di Ahmed Chalabi.
L’affondamento dell’Impero Ottomano sotto i colpi di maglio dei Giovani Turchi e del loro Comitato Unione e Progresso – i cui dirigenti erano legati al Grande Oriente di Francia (GODF) o a quello d’Italia – proietta la Mesopotamia nell’orbita britannica.
La fra-massoneria che vi sarebbe stata introdotta da Youssef al-Haji, un giornalista libanese, futuro Gran maestro regionale, si è sviluppata durante la Prima guerra mondiale per iniziativa delle logge dell’Armata delle Indie. La prima, detta Mesopotamia 3820, data dal 1917, quella di Baghdad, dal 1919. Negli anni 50, nuove logge operano in Iraq per conto della Grande Loggia d’Inghilterra, poi la Loggia Faiha di rito scozzese. La sua proibizione, seguita all’abolizione della monarchia ad opera del generale Kassem, viene criminalizzata nel 1975 dal Parlamento iracheno che vota una legge che l’assimila a un’ organizzazione sionista, e non si sente più parlare di fra-massoni in seguito, se non tra i monarchici rifugiati a Londra.
Allorquando George Bush padre – vecchio direttore della CIA, Sovrano Gran Ispettore Generale (33° grado di Rito scozzese antico e accettato) – prende la decisione di attaccare l’Iraq, lo fa sapendo che la fra-massoneria sarà ancora dalla sua parte, ma bisogna attendere la Seconda guerra del Golfo perché le sue attività pubbliche siano conosciute.
Una loggia in una valigetta!
Nel dicembre 2006, Richard Filippi, membro della Loggia di re Salomone, ha raccontato nella rivista massonica Philaleths, il suo primo incontro con un fra-massone iracheno. Si era nel 2001, in un ascensore, durante uno stage di formazione organizzato in Florida, per studiare le relazioni che devono intrattenere i civili e i militari in un paese “liberato”. Dei membri del Congresso Nazionale Iracheno vi parteciparono. Tra di loro, il luogotenente-colonnello curdo Yarab, un oppositore rifugiatosi negli Stati Uniti dopo la Prima guerra del Golfo. Nel corso di una pausa, l’uomo prende l’ascensore con lui, blocca l’apparecchio tra due piani, e gli domanda: “Voi siete uno di loro, non è vero?”. Questi credeva all’inizio di avere a che fare con un matto. Se non che allora il kurdo ha mostrato la sua mano destra e il disegno che vi era sopra. Egli rispose “Sì”, senza dubbio. Yarab, entusiasta, gli dice: “Anche io, fratello!”. Allora, divengono come degli amici d’infanzia, dice Filippi. Yarab gli comunica che vi erano ancora dei fra-massoni in Iraq, anche se non vi erano delle logge. Suo nonno, un tempo colonnello, ne era uno.
La prima manifestazione visibile della fra-massoneria in Iraq dopo la sua proibizione fu la creazione della Loggia Terra, Aria e Mare n. 1 da parte della Grande Loggia di New York, nel maggio 2005. Nella base di Balad, vicino Ramadi, il maggiore Walter, suo gran maestro, ringrazia il “Grande Architetto dell’Universo” per questo avvenimento che permetterebbe, a suo dire, di far “uscire una loggia irachena dalla clandestinità”. Egli attende sempre! Emulazione obbliga, La Luce del Nord annuncia che il “fratello trepuntini” Sam Lee – della Loggia Madre di Hiram 40, della Carolina del Nord – organizzava delle riunioni massoniche sotto la tenda, in pieno deserto. E, nella scia la Grande Loggia del Nebraska lancia il programma: Una loggia in una valigetta(!), quella del Massachusstes, l’operazione Masonic Troop Support Program, tanto che a Baghdad, la loggia militare Eufrate 152 si mobilitava per lottare contro il suicidio nelle forze armate. Oggi, non è raro che un “fratello tre puntini” trasferito in una base in Iraq o in Afghanistan indaghi su internet per sapere se vi è un tempio massonico. A lui in seguito, il compito di verificare se la loggia da cui dipende negli Stati Uniti riconosca l’obbedienza che vi opera. La maggior parte delle grandi logge sudiste, per esempio, pratica sempre la segregazione e rifiuta di riconoscere quella di Prince Hall, la fra-massoneria nera.
Le sette islamiche nel mirino
Gli antichi oppositori di Saddam Hussein erano troppo screditati per reclutare dei nuovi membri, i massoni stranieri avvicinavano ogni sorta di collaboratori, militari o tribali, o potenziali: gli universitari i notabili religiosi con una predilezione per gli sheikhs delle confraternite sufi e delle sette sciite, in ragione delle concordanze tra i loro rituali e segreti e quelli delle obbedienze massoniche*.
Le logge madre americane sperano di attirare dei nazionalisti moderati vicini alla resistenza, come la CIA ha reclutato dei membri di “Al Qaeda in Mesopotamia” per le sue milizie tribali. Per i patrioti iracheni, è uno scenario che non regge. E’ identico in tutti i punti a quello giocato dalla fra-massoneria durante l’epoca coloniale. Le logge si impegnavano innanzitutto nell’aiuto all’emigrazione e nell’aiuto umanitario, poi quelle si trasformavano in un laboratorio di idee che permetteva di ricostruire la società su basi conformi agli interessi dell’occupante. La rivista Freemason Today descriveva fin dal 2005 le distribuzioni di matite e di quaderni colorati a Bassora, per mano dei fra-massoni scozzesi e inglesi, seguiti da dei bambini che gridavano: “Mister dammi un dollaro”. Il giornalista non nascose che i “fratelli tre puntini” erano ricevuti anche da lanci di pietre. Non ha alcun dubbio che i fra-massoni iracheni, divenuti operativi, rischiarono molto semplicemente la loro vita.
Nel 1964, cosciente delle minacce che pesavano già sui fra-massoni arabi, il Gran maestro giordano Fahmi Sidqi al-Amari parlava francamente di strumentalizzazione delle logge da parte degli occidentali e di Israele, spiegando alla convenzione mondiale della massoneria, che “la massoneria è plurale; gli imperialisti la utilizzano per il loro scopo, i sionisti per il loro”. Allo stesso modo se, a differenza dei fra-massoni anglo-sassoni, il Grande Oriente di Francia si è opposto all’ultima guerra del Golfo, era per proporre di “cacciare Saddam Hussein attraverso altri mezzi”. L’obbedienza francese che ha giocato un ruolo nello sviluppo dei movimenti indipendentisti arabi nell’Impero ottomano, è denunciata, dopo, per il suo ateismo. Nel Vicino Oriente, per i tempi che corrono, cioè è redibitorio.
*Leggere “Segreti iniziatici nell’Islam e rituali massonici”, Jean-Marc Aractingi e Christian Lochon (L’Harmattan, 2008).
Appendice:
La fra-massoneria araba
La fra-massoneria è proibita nei paesi arabi, senza alcuna eccezione. In Giordania, dopo la morte di re Hussein che ne era membro, adotta un profilo basso. Questa è tollerata in Marocco con delle logge affiliate alla Grande Loggia Nazionale di Francia, e risiede molto attiva in Libano, dove la maggior parte delle obbedienze occidentali sono rappresentate. In Egitto, proscritta dal Presidente Gamal Abdel Nasser dopo la spedizione di Suez, sarebbe in via di ricostituzione. Al punto che l’influente Istituto di Diritto Islamico della Mecca ha emesso una fatwa, nel luglio 1978, dichiarando che la fra-massoneria è “Un pericolo per i musulmani”, e taccia i suoi membri come “miscredenti”, numerose logge operano in Arabia Saudita – la più conosciuta è la Stella dell’Est – all’interno delle basi militari americane, che è esattamente il caso anche del Kuwait e del Bahrein.
Traduzione di Stefano Vernole